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Padoa-Schioppa: «Il sogno
di una moneta mondiale»

di Alberto Orioli

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10 giugno 2009

Regole e moneta. Da ex banchiere centrale Tommaso Padoa-Schioppa tiene uno sguardo "lungo" su entrambi questi capisaldi, i fondamenti dell'economia di mercato. "Lungo" giacché - come sostiene nel libro scritto con Beda Romano La veduta corta - è proprio la limitatezza dell'orizzonte - dei mercati, dei decisori politici, dei consumatori, degli azionisti - ad aver portato la situazione dov'è ora.

Cominciamo dall'euro. Con lo sguardo lungo dove lo vede?
Se la crisi portasse a un massiccio spostamento di composizione delle riserve e a un forte indebolimento del dollaro, l'euro si apprezzerebbe in misura eccessiva; per l'Europa sarebbe allora un problema, un grande problema.

Quindi la "lezione per il futuro" è una nuova moneta unica come chiedono i cinesi?
Non lo chiedono solo i cinesi. Ne parlano da tempo una delle menti economiche più acute della nostra epoca come Robert Mundell e un autorevolissimo ex banchiere centrale americano come Paul Volcker. Sono convinto che la Cina abbia sollevato un tema ormai maturo. Se poi lo ha fatto per interesse - come dice Paul Krugman - cioè perché ha accumulato troppi dollari, può essere. In ogni caso è una motivazione legittima, visto che non si può chiedere a Pechino di essere altruista quando tutti agiscono per interesse. Il punto, semmai, è comprendere quale sia la coincidenza tra ragion di stato cinese e interesse generale globale. In ogni caso, da ex banchiere centrale penso che quando si parla di standard globali, prima ancora che a quelli legali si debba guardare a quello monetario, che è un fatto economico funzionale, seppure vincolato a un substrato legale. Insomma, credo proprio che questa crisi ponga il problema di un nuovo standard monetario internazionale. La sua assenza e l'assenza della disciplina che esso imporrebbe sono una delle cause profonde della crisi attuale.

Prima c'era l'aggancio della moneta all'oro...
Se ci fosse stato ancora quell'aggancio, negli ultimi anni i paesi che accumulavano ingenti disavanzi esterni - come gli Stati Uniti - avrebbero dovuto convertirne una parte proprio in oro; la conseguente scarsità di riserve auree li avrebbe obbligati a correggere la rotta.

O a denunciare l'accordo, come fecero gli Usa che sganciarono il dollaro dal metallo giallo.
È vero, nel '71 gli Usa si sottrassero all'impegno. Per anni l'"aereo" del dollaro ha continuato a volare spinto dalla forza politica ed economica degli Stati Uniti. Ma non penso che, se si guarda al mondo di domani, quando ci saranno 4-5 o 6 colossi mondiali, questi potranno accettare che la moneta di uno solo di essi sia la moneta di tutti. Anche se il tema non è ancora iscritto all'ordine del giorno, quando si parla di standard internazionali penso si debba riflettere sulla moneta mondiale.

Ma come sarebbe il mondo con una sola moneta?
Non lo so, è un progetto su cui è urgente lavorare e pensare a fondo, e dubito che la soluzione sia una sola moneta. È diverso immaginare un oggetto che vola e inventare l'aeroplano. Oggi ne sappiamo abbastanza per dire che abbiamo bisogno di un oggetto che vola, di una misura comune che imponga disciplina al sistema monetario mondiale. Su scala mondiale non mi pare praticabile una soluzione tipo euro, fondata sul modello della moneta unica - un "globus" ad esempio - e della banca centrale unica. Vedo piuttosto una costruzione a due livelli: uno standard globale governato in comune e monete regionali con cambi non più interamente lasciati al mercato.

Chi ha ragione tra Krugman, che chiede più debito per uscire dalla crisi, e Ferguson, che mette in guardia dai pericoli dell'eccesso di debito che mina la stabilità dei governi?
Entrambi e, quando si danno torto l'un l'altro, nessuno dei due. Il fatto è che i rimedi - monetari e di bilancio - per combattere l'emergenza e quelli per impedire il ripetersi della crisi hanno segno opposto: espansivi gli uni, restrittivi gli altri. Come quando si somministra metadone a un tossicodipendente in cura.

Al G-8 l'Italia intende abbozzare i nuovi global legal standard per i mercati finanziari. Sarà - nelle intenzioni del Governo - un primo strumento per uscire dalla crisi e per evitarne altre.
Le determinanti profonde della crisi sono tre: l'illusione che i mercati si possano autoregolare; la contraddizione tra mercati globali e politiche rimaste nazionali; la veduta corta come criterio per le scelte, pubbliche e private. I global legal standard abbracciano i primi due temi e nascono dall'idea che il mercato abbia bisogno di regole e che le regole debbano essere internazionali. Ma il problema non finisce qui, qui incomincia: chi decide le regole? E che strumenti ha per farle rispettare? Si pone l'ardua questione di un potere di politica economica superiore.

  CONTINUA ...»

10 giugno 2009
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